Quantcast
Channel: Il Blog di Davide Bruno » pd
Viewing all articles
Browse latest Browse all 10

Il coraggio del Labour, l’omertà Pd

$
0
0

di Stefano Cappellini-IL RIFORMISTA

Sinistra. Ed e David Miliband si contendono la leadership sullo stessa faglia che divide Bersani-D’Alema da Veltroni: neolaburismo vs. neocentrismo. Ma dei contenuti del dibattito inglese a noi restano solo rancori e furbizie. E la finta unità dei dibattiti ufficiali.

«Non sta succedendo niente», ha detto Walter Veltroni nel passaggio più condivisibile del suo intervento alla direzione del Pd. Voleva essere un modo di tranquillizzare il resto del partito sulle intenzioni non bellicose della sua iniziativa di corrente. È diventata la fotografia della sua ritirata strategica e, forse, della incapacità del Pd tutto di discutere di tattica e strategia senza avvitarsi in isterismi e revanscismi di carattere prettamente personale.

Travolto dalle reazioni negative del popolo democrat, minato dalle contraddizioni tra le posizioni odierne e quelle di quando era segretario, intaccato nella sua immagine buonista di leader che unisce e non divide, Veltroni ha invertito la marcia: fa impressione lo scarto tra lo scontro furioso che si è sviluppato nei giorni scorsi dopo le sue mosse – lettere al paese, raccolta di firme, giudizi al curaro – e i toni edulcorati del dibattito di ieri.

Non si può sostenere che un partito è al bivio tra vita e la morte – giusta o sbagliata che sia, è l’immagine del Pd che l’ex sindaco di Roma ha costruito con parole e opere nei giorni scorsi – e poi davanti a questo bivio scegliere di astenersi, come hanno fatto in direzione i componenti della corrente veltroniana. C’è ben poco di rassicurante, agli occhi del proprio elettorato e di quello altrui, in questa schizofrenia che ammorba da tempo una parte consistente dei vertici democratici. Feroci nelle interviste sui giornali, agnellini nei caminetti interni; spietati a bocce ferme, teorici del tarallucci e vino quando si tratta di portare lo scontro nelle sedi deputate e uscirne con una linea vincente e una perdente. «Gli organismi dirigenti non possono diventare l’infermeria delle ammaccature che avvengono sui giornali», si è lamentato Pier Luigi Bersani. Ma è persino peggiore, per restare alla sua metafora, l’immagine di un Pd che entra in direzione con un sospetto infarto e ne esce con una diagnosi di raffreddore da fieno.

La stessa maggioranza del Pd, anziché imputare a Veltroni le incongruenze, la mancata autocritica, il definitivo scivolamento su posizioni plebiscitarie e caleariste (da Massimo Calearo, il falco di Federmeccanica eletto nelle liste Pd che si è offerto ministro dello Sviluppo economico a Silvio Berlusconi), le rimozioni interessate (prima fra tutte, il fatto di presentarsi come il leader del 33 per cento e non come il segretario delle cinque sconfitte elettorali consecutive tra politiche e amministrative) si è aggrappata all’argomento più vieto, addebitandogli soprattutto il reato di rotturna dell’unità interna. «L’unità non è obbedienza», si è giustificato l’ex leader. «Walter ha rotto la grammatica tra di noi», ha tuonato ieri dal palco Anna Finocchiaro. Come se da questo vetusto sussidiario il Pd possa ancora cavare qualcosa di utile per sé e per il paese.

Nell’intemerata veltroniana, al netto dei rancori personali, c’era una sola possibile conseguenza positiva: poteva portare alla luce del sole un dibattito che sta attraversando tutti i grandi partiti della sinistra europea e che è riassumibile nella disfida tra neolaburisti e neocentristi. Non è un dibattito accademico. I fratelli Ed e David Miliband si stanno giocando la segreteria del Labour, cioè della forza che ha costruito il più lungo ciclo di governo della sinistra in tempi recenti, proprio su questa contrapposizione. Tra chi, come Ed, ritiene che compito prioritario dei grandi partiti progressisti sia riprendersi dalla sbornia liberista che ha segnato gli anni Novanta e chi, come David, ribatte che le ricette della sinistra anni Novanta, ancella della globalizzazione finanziaria negli anni di vacche grasse, siano ancora valide e vitali. Da una parte c’è la volontà di recuperare un rapporto privilegiato con il mondo del lavoro e con una rappresentanza di interessi meno “liquida”, dall’altra la convinzione che il faro strategico resti lo sfondamento nel campo moderato. Al recupero di una identità forte, tendenza Ed, si risponde con la necessità di continuare a ibridare, secondo il modello del New Labour di Tony Blair (e del Neue Mitte di Gerard Schroeder in Germania).

«La grande domanda da porsi per il prossimo decennio è se vogliamo andare verso un capitalismo di tipo statunitense – più iniquo, brutale e disonesto – o se possiamo costruire un modello diverso, un capitalismo che lavora per le persone», dice Ed, il fratello più giovane. Convinto che obiettivo del Labour sia tornare a fare il pieno di consensi nel proprio campo, debellando quell’astensionismo che ha falcidiato tutte le grandi formazioni di sinistra in giro per l’Europa. Per David, che si propone esplicitamente come il continuatore dell’esperienza blairiana, il Labour rischia di chiudersi in un ghetto, una rassicurante ma inoffensiva «comfort zone»: «Per vincere ancora – dice l’ex ministro degli Esteri del governo di Gordon Brown- abbiamo bisogno degli elettori della working class, del ceto medio, dei conservatori e dei lib-dem».

Domani sapremo chi tra i due avrà guadagnato la leadership. Il fatto che Ed sia considerato in leggero vantaggio sul più quotato rivale – pupillo di Blair e Hillary Clinton, decisamente più outstanding – è un segnale forte di quanto il dibattito congressuale abbia smosso il popolo laburista. Non solo. Nonostante David accusi il fratello di voler tornare all’Old Labour, sui media inglesi la novità è considerato Ed, che rompe con un lustro di tradizione blairiana. A dimostrazione che in politica i concetti di vecchio e nuovo vanno maneggiati con cura.

Quello inglese non dovrebbe risultare un dibattito lunare agli occhi di un italiano. La faglia è la medesima che divide il Pd. Nella parte pensante della maggioranza che sostiene Bersani prevale la tendenza Ed, così come nella minoranza veltroniana si ritrovano tutti i punti forti della tendenza David. E se il primo vincerà, non c’è dubbio che anche il corso bersaniano ne trarrà vantaggio. Ma dei contenuti forti del dibattito laburista a noi restano solo le scorie personali, i rancori, le furbizie tattiche. Quanto al fatto che a contendersi la leadership del Labour siano il quarantunenne Ed Miliband e il quarantacinquenne David Miliband, questa è un’altra storia ancora. Ma sospettiamo che non sia estranea alla possibilità che hanno i due contendenti inglesi di combattersi a viso aperto senza sembrare i protagonisti di un reality inspiegabilmente rimasto in palinsesto dai tempi della Rai di Biagio Agnes.

The post Il coraggio del Labour, l’omertà Pd appeared first on Il Blog di Davide Bruno.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 10

Latest Images

Trending Articles